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Possiamo pensare e praticare oggi una geografia e un'urbanistica che non si fondino su un'idea di spazio che riduce le cose a soli oggetti? Come ripensare un processo di urbanizzazione fuori dalle logiche di una crescita senza fine e senza senso? Come dare spazio a un abitare fuori da relazioni predefinite e immutabili tra casa, famiglia, lavoro e luogo e riscoprire il valore di un "esterno" fuori da ogni fobia per il vivere insieme, ma anche da arcadiche nostalgie di comunità coese? Nel rumore, nella velocità, nella luce, nella personalizzazione e individualizzazione degli edifici e degli oggetti possiamo riscoprire il valore di uno spazio aperto da esplorare con il nostro corpo in movimento, di uno spazio di silenzio, di rallentamento, di penombra? Domande aperte, ma che possono trovare risposta o anche solo essere formulate in una geografia e in un'urbanistica che non rinuncino alle loro dimensioni interpretative, critiche e poetiche. Alla stesura del volume hanno collaborato Federico Zanfi (cap. 6), Elena Granata (capp. 7 e 8), Paola Pucci (cap. 9).